La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.
- Einstein
La crisi delle dimensioni fisiche, come crisi della misurazione, va di pari passo, come è facile comprendere, con la crisi del determinismo e riguarda, oggi, l’insieme delle rappresentazioni del mondo
- Paul Virilio
“...une même ville regardée de différents côtés paraît tout autre, et est comme multipliée perspectivement”
- G. W. Leibniz

La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.

- Einstein

La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre.

- Einstein

Renato Capozzi

Partendo dall’assunzione che “post-moderno” sub specie architecturæ, come in filosofia, è un tipico “concetto ombrello” con una densità amplissima di significati spesso antinomici – si pensi al nostalgico ritorno alle forme storiche in polemica col modernismo, all’ipertrofia tecnologica o alla riproduzione derealizzata di simulacri, di εἴδωλα informi, spesso mimetici delle forme naturali – si punterà a riconoscere nel “ritorno alla realtà” un superamento efficiente di tale declinante stagione. Il realismo per l’architettura deve necessariamente essere “positivo”, non conducendo pertanto all’accettazione dello staus quo e delle contraddizioni dell’architettura e città contemporanee, bensì, come ci avverte Antonio Monestiroli, alla ricerca della “essenza del reale” per opporsi e superarne le aporie. In tale ambito si segnala come uno dei rischi – all’interno del dibattito sul nuovo-realismo –risieda in senso neoconservativo nella riproposizione “eclettica” di forme e modelli consolidati e nel rifiuto della possibilità di costruzione adeguata della città aperta. Dopo aver declinato, per l’architettura, le note coppie oppositive moderno v/s postmoderno proposte da Ihab Hassan, nel perseguire un rinnovato rapporto con la realtà, si avanzerà, in termini progressivi, l’urgenza di compimento dell’interrotto “progetto moderno”.

Hansmichael  Hohenegger

Le conoscenze e perfino le etichette filosofiche sono state spesso chiamate in causa dagli architetti per dare solidità, ma anche prestigio o riconoscibilità alla loro concezione dell'architettura. Senza cercare di seguire il vorticoso, contraddittorio e forse anche per questo motivo sempre interessante avvicendarsi delle mode filosofiche e della loro applicazione a stili o negazioni di stili architettonici, cercherò di esaminare alcuni possibili motivi delle alterne fortune del pensiero filosofico presso gli architetti. Prenderò lo spunto dal ritratto che Vitruvio fa di Dinocrate come architetto esemplare e dalla ambigua natura dell'ornamento in Leon Battista Alberti (subsidiaria quædam lux pulchritudinis atque veluti complementum).

Contributo audio di Antonino Saggio

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